Il nome dell’aceto balsamico è strettamente legato alla città di Modena e ai suoi territori racchiusi a sud dall’Appennino e a nord dalla pianura che digrada verso il fiume Po. L’aceto balsamico di Modena si distingue dall’aceto di vino per la composizione equilibrata dei suoi costituenti. L’uva proviene esclusivamente dai vitigni di Lambrusco, Sangiovese, Trebbiano, Albana, Ancellotta, Fortana e Montuni. Si differenzia dal comune aceto poiché è prodotto dal mosto e non dal vino. Il mosto viene sottoposto alla fermentazione alcolica e all’ossidazione acetica.
A contraddistinguerlo è il colore scuro/brunastro, la buona densità, e il gusto piacevolmente agro e ben equilibrato, con sentori che cambiano a seconda del tipo di legno in cui l’aceto si trova ad invecchiare. Oggi ci sono due tipologie di aceto balsamico certificato, il DOP e l’IGP. Entrambi devono avere e rispettare precise regole su materie prime, tecniche di produzione, invecchiamento e altre caratteristiche. E’ un condimento molto particolare, sofisticato e ricercato, apprezzato in tutta Italia. Il suo gusto e il suo aroma, infatti, può impreziosire e donare un tocco di personalità in più a tantissimi piatti e ricette.
L’aceto balsamico di Modena, facilmente reperibile in bottigliette di vetro, è eccezionale sulla carne, sul pesce, sulle verdure, sui dolci e sulla frutta, sui formaggi stagionati come il parmigiano, sui crostacei e persino sul gelato. Oggi il suo impiego ha letteralmente invaso le ricette di cucina etnica e fusion, magari abbinato a soia, salsa barbecue e miscele di spezie per stuzzicare i palati più curiosi e i sapori forti. Sulla sua conservazione c’è ben poco da dire: è un prodotto che ha passato decine d’anni in botticelle aperte, al caldo e al freddo. Non teme quasi nulla: né gli sbalzi di temperatura, né la luce, né l’ossidazione, fattori concorrenti alla sua produzione.